giovedì 24 marzo 2011

Cari genitori lavorate con noi per educare i vostri figli

Al Parini c'è maretta. Qui trovate i particolari della vicenda. In pratica una prof. ha deciso di lasciare la scuola perché stufa delle pressioni (ma si è arrivati agli insulti) dei genitori che contestano la sua severità.
Messa così c'è poco da dire, ma l'articolo di oggi del Corriere agiunge dei dettagli che, secondo me, cambiano un po' la questione anche se è chiaro che l'atteggiamento deve sempre rispettare certi canoni.
Il preside del liceo aveva già richiamato i genitori ma nulla è servito.
Da tempo però il rapporto fra genitori e insegnanti si è fatto difficile e proprio su questo interviene, su Repubblica, il preside del Berchet che dà un colpo al cerchio e uno alla botte. Ma il suo intervento mi pare condivisibile.

Non sarebbe male se anche qui si aprisse una discussione.
Luigi


Ecco l'intervento di Innocente Pessina, preside del Berchet


SCENETTA familiare. Elisabetta è appena rientrata a casa da scuola. La mamma chiede ansiosa: «Ciao tesoro, come è andata?». «Quello di greco mi ha dato tre». «Cooosa? Quello è un cretino incapace. L’avevo già
capito al primo incontro. Domani vado a scuola e gli dico quello che penso!». Elisabetta “incoraggiata” dalla mamma aggiunge: «E pensa te che al mio compagno di banco ha dato 5 più, eppure il mio compito
era praticamente uguale al suo, anzi… l’abbiamo fatto assieme».

La mamma ormai inferocita: «È evidente che si tratti di un’ingiustizia. Domani vado direttamente dal preside e mi faccio sentire». Scenetta
di sola fantasia? Ho il sospetto di no e se devo mettere assieme quello che sento quasi quotidianamente nel mio ufficio di presidenza, temo che sia uno scambio di battute piuttosto praticato. Molti genitori vengono a scuola come sindacalisti dei propri figli e si sentono in dovere di difenderli dalle angherie dei professori. Ci sono alcuni poi che reagiscono all’insuccesso
scolastico del figliolo come se il brutto voto l’avessero preso loro, addirittura arrivando a mettere in crisi la loro capacità genitoriale solo perché nell’interrogazione di filosofia Marcolino ha preso quattro.
Altri, più decisi, si rivolgono direttamente al Tar.

PER fortuna non tutti sono così, esiste ancora una buona fetta di genitori che cerca di collaborare con la scuola e che al votaccio del proprio pargolo
reagiscono semplicemente invitandolo a studiare di più, magari dando un limite all’uso di Facebook o alle uscite serali. Sono però sempre meno e piano piano stanno assumendo le caratteristiche di una specie in via di estinzione. Da proteggere. Sul versante scuola, giusto dirlo, non va molto meglio. Come vediamo la presenza dei genitori? Come viviamo il colloquio settimanale con loro? Con che spirito partecipiamo alle riunioni di classe aperte ai genitori? Con fastidio, spesso. Se siamo onesti, dobbiamo riconoscere che la presenza dei genitori l’abbiamo sempre vissuta con disagio, con l’irritazione tipica di chi si crede autosufficiente. Anche in tempi non sospetti, quando i genitori non si permettevano assolutamente di mettere in discussione il nostro operato. La responsabilità
allora di questo rapporto compromesso fra scuola e famiglia è da distribuire equamente. Sono responsabili i genitori perché
mettono in discussione l’autorevolezza degli insegnanti ed invadono campi non loro, ma è responsabile anche la scuola perché non vuole essere messa in discussione. Lo dimostra, ancora una volta, il rifiuto sdegnato di quasi tutte le scuole di accogliere la recente proposta di sperimentazione
ministeriale sulla valutazione degli insegnanti. Proposta, strampalata nei modi, ma non certo nel senso. Così la categoria degli insegnanti (e dei presidi) rimane orgogliosamente ancorata al solitario privilegio di non rispondere a nessuno del proprio operato.

Cosa fare allora? Io rimango ostinatamente del parere che la scuola e la famiglia hanno lo stesso compito: quello di educare il proprio figlio o studente, attraverso strumenti e specificità diverse.

La scuola attraverso l’istruzione, la famiglia con tutto il resto.
Per questo siamo condannati a lavorare assieme e a collaborare nel rispetto reciproco. Finché i genitori e la scuola non remeranno nella stessa direzione e non avranno come riferimento lo stesso porto, le fatiche di tutti
saranno sprecate e avremo figli/ studenti spaesati, insicuri eignoranti. Cioè non educati.

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