lunedì 27 giugno 2011

Onore ai prof indomiti che non cedono ai tagli

Imperdibile questo articolo di Vivian Lamarque, ex manzoniana, sul Corriere. Leggete e capirete il perché 


Studenti agli esami finali, e se gli esami dovessero affrontarli la scuola? Il ministro? Promossi o bocciati? Maturità o immaturità? Ripercorrere ora l' anno scolastico che sta concludendosi, ripassare la cronaca dei mesi scorsi, di tutto quello che non ha funzionato? Del trionfo vergognoso dei «tagli» scesi come mannaie? Ce ne manca del tutto, qui, in questo angolo di inseguita poesia urbana, la voglia.

Meglio mandare un saluto e un buone vacanze all'infinita schiera di ottimi sudati insegnanti, per esempio alla maestra della materna di via Crescenzago che nei giorni scorsi aprì la propria casa ai fratellini dimenticati a scuola come capi in tintoria. Meglio magnas gratias agere al mitico prof di latino Mario Stefanoni che nonostante la malattia è vicino ai suoi studenti maturandi che di più non si potrebbe, come del resto fa, magistralmente, da una vita.

Meglio un pensiero a certi indomiti, nonostante tutto, presidi, per esempio a Pino Polistena del Civico Liceo Linguistico Manzoni, (filosofo, autore di un' opera sulla diacronìa), che cita sempre Plutarco: «I giovani non sono vasi da riempire, ma fiaccole da accendere». E i suoi studenti sono accesi eccome. Ogni anno conduce in porto a gonfie vele la sua onerosa nave (era molto stimato da Ugo Stille), quando le forze gli vengono meno usa attingere energie (pochi lo sanno) recitando a memoria a se stesso o agli amici versi della nostra letteratura, ne conosce ben 24 mila, uno più uno meno, (in gioventù fu «arruolato» da Mike Buongiorno a «Scommettiamo»!).

Tra i prediletti Iliade e Odissea, più naturalmente i 14 mila della Divina Commedia. Li recita con una passione sottovoce, senza ombra di enfasi, predilige i meno frequentati, l' incontro di Dante e Virgilio con Stazio (Purgatorio, XXI), o l' invettiva di San Pietro contro Bonifacio «ch' usurpa in terra il luogo mio, / il luogo mio, il luogo mio...» (Paradiso XXVII), o l' incontro agli inferi di Achille e Agamennone ormai non più nemici (Odissea, XXIV), o il Leopardi anche delle Operette Morali «... Che fummo? /Che fu quel punto acerbo / che di vita ebbe nome?». A tutti noi si accendono nella memoria luci, almeno una, quando ci voltiamo indietro verso gli antichi appelli, gli antichi compagni e maestri, luci che ci hanno infiammato gli studi, la giovinezza, la Tommasi, la Botteri, la Gronda, il Bernasconi, l' Interdonato, e altri anche di magari non altisonanti licei, anche di mai nominati istituti tecnici di periferia, dove problemi e fatica sono moltiplicati, dove le mannaie dei tagli hanno ferito più che mai.

Lamarque Vivian

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